Vendola: «Sinistra, ecco l’unità possibile»
L’intervista di Daniela Preziosi a Nichi Vendola sul Manifesto.
«È saggio non commentare il chiacchiericcio ma quello che c’è. E
quello che c’è è il combinato disposto fra Italicum e riforma
costituzionale, un pesante disegno di mutamento regressivo della
forma democratica nel nostro paese secondo le indicazioni
profetiche o programmatiche che venivano da JP Morgan».
Nichi Vendola, presidente di Sel, non crede un granché
all’ipotesi di modifica dell’Italicum che circola in questi giorni in
parlamento, dopo le parole di Napolitano.
Se il premio di maggioranza fosse attribuito alla
coalizione anziché al partito cambierebbe la vostra valutazione
dell’Italicum?
Intanto immaginare che le regole del gioco si costruiscano
in sartoria tagliandole, cucendole a seconda delle convenienze
congiunturali è già grave e il segno di un degrado. Ma comunque
vedremo: non siamo indifferenti, l’Italicum è talmente brutto che
guarderemo con attenzione ogni eventuale proposta.
Ma si può dare un giudizio tanto severo su Renzi e poi mettere in conto un’alleanza con il Pd, a partire dalle città?
Qualunque sovrapposizione della dimensione nazionale
alle vicende territoriali è un vicolo cieco. Oggi non si può non
vedere che le città in tutta Europa sono i luoghi di un conflitto fra
civiltà e barbarie. Dobbiamo costruire coalizioni di progresso che
possano mettere in campo una sfida programmatica su elementi
dirimenti: il diritto alla casa, la lotta contro il consumo di suolo,
la mobilità sostenibile, l’accoglienza per profughi e migranti. Su
questo canovaccio si costruiscono le coalizioni possibili
territorio per territorio. Sel non è una corrente esterna del Pd.
Una coalizione progressista la si può costruire con il Pd, senza
il Pd e contro il Pd. La novità di oggi è che non c’è l’effetto
trascinamento del centrosinistra come formula nazionale. Quindi
a Milano puntiamo sulla continuità del laboratorio
straordinario dell’amministrazione Pisapia. Non c’è nessun
automatismo, ma neanche in senso contrario: quello di chi pensa
che le città siano cavie da laboratorio per bisogni esterni a quelli
dei cittadini. Non si fanno né disfano le alleanze per problemi
simbolici o per dispetto. No alla subalternità ma no anche ai
rinculi minoritari.
Civati dice: senza Pisapia, a Milano nessuna coalizione con il Pd. Troverete una quadra?
Con Civati la vedo difficile. Si comporta come un elefante
in cristalleria. In ogni città in cui passa lascia una scia di
polemiche e divisioni. Siamo tutti impegnati in una sfida
gigantesca che non si può affrontare con le battute. Su una cosa
invece Civati ha ragione: sul profilo di autonomia politico-culturale
che deve avere la nuova sinistra. Ma l’autonomia non può essere
interpretata come la propone l’ultimo che è uscito dal Pd e cioè una
rottura generalizzata con il Pd senza guardare in faccia le
situazioni specifiche. La posta in gioco è alta, è il destino di
comunità importanti. Chi parla di condivisione dal basso non può
considerare i territori come terminali muti di una politica
fatta dai palazzi romani.
Alle scorse regionali la sinistra si è presentata divisa
in molte regioni. Rifarlo alle prossime amministrative
significherà che non è cambiato niente, e cioè che la ’cosa rossa’
non è nata?
È un problema che dobbiamo porci tutti mettendoci in
un’ottica di ascolto e condivisione. Per me è fondamentale
ascoltare i sindaci. Sento l’urgenza di far partire il processo
unitario, voglio mettere il convoglio di Sel su un binario. Ma che
non sia un binario morto. Noi ci siamo separati dalla sinistra
dell’impotenza e della testimonianza. Non
torneremo indietro. Né daremo una mano a Renzi per insediare nelle città il suo partito della nazione.
E se alle primarie di Milano vincesse un interprete del Pd renziano che farete?
Deciderà il territorio. Alle regionali liguri abbiamo fatto bene a non sottoscrivere un patto con il Pd e a sostenere
Cofferati senza vincolarci alla coalizione. A Milano ci sono
diverse possibilità. Ma a decidere saranno i milanesi. E oggi la
discriminante programmatica è mille volte più decisiva e
condizionante di ieri.
Così farete anche a Roma?
A Roma cominciamo ora la discussione. E non dobbiamo iniziarla voltando pagina ma rileggendo le pagine
precedenti. Mafia Capitale non può essere derubricata a un fatto
processuale. Il Pd dai tempi della giunta Alemanno ha praticato un
attivo consociativismo e ha condiviso scelte e malaffare.
Quello di oggi è un altro Pd, o è lo stesso di ieri?
Le rottamazioni veloci non fanno vedere le radici del male.
Il fatto che si potesse essere consociativi con un manipolo di
fascisti degli anni 70 è un grosso problema. E così il fatto che non
ci si è accorti del ritorno dei criminali nei gangli delicati del
governo capitolino. E così il fatto che le cooperative rosse
potevano diventare un altro pezzo della trama
politico-affaristico-criminale.
Qual è il suo giudizio sul sindaco dimissionario Marino?
Mi fa rabbia. Quei penosi scontrini producono lo stesso
turbamento del romanzo criminale di Carminati e Buzzi. E questo
ha consentito ai nostalgici di Mafia Capitale, e cioè ai poteri
immobiliari e finanziari di Roma, di dare l’assalto all’esperienza di
Marino che invece aveva elementi importanti di discontinuità. E che
non a caso il Pd ha provato a normalizzare estromettendo Sel
dalla giunta. Tutto questo entra nella valutazione che faremo nei
prossimi mesi.
Appunto, il Pd vi aveva cacciati dalla giunta. Crede che
per il futuro possa ripensarci, e che la coalizione possa tornare
agli equilibri della prima era Marino’?
Non lo so. Il Pd è un insieme di enclave, le une in lotta
contro le altre. Quello che so è che ora a usare la foglia di fico
degli scontrini è la destra romana sodale di quella doppia filiera
criminale che iniziava con i fascisti della Banda della Magliana e
finiva con i mafiosi.
Il giudice deciderà, ma quegli scontrini restano indigeribili.
Infatti sono molto arrabbiato. Per la sinistra non vale la
parabola della pagliuzza e della trave. Una pagliuzza, un’incredibile
superficialità come quella degli scontrini in una città scossa dagli
scandali e da una crisi sociale
profonda, ha lesionato il rapporto fra i cittadini e il loro sindaco.
I parlamentari della ’cosa rossa’ lavorano insieme da
tempo. Alla camera, dove avete i numeri, farete un nuovo gruppo
unitario?
Su questo sono fiducioso. Penso che intorno alla battaglia
sulla legge di stabilità nascerà un gruppo più grande. Saranno le
prove d’orchestra per una sinistra che non cerca la via dell’accrocchio
ma le ragioni dell’unità possibile.
Prima delle vacanze era stato lanciato un appuntamento della ’cosa rossa. Si farà o salterà?
Spero che si faccia. Sarà importante che da parte di tutti ci
sia un atteggiamento di generosità e un convincimento che la
quadra la si trova sul terreno dell’innovazione e non su quello della
restaurazione di vecchi schemi. Dobbiamo fare tutti un passo avanti.
Se prevale la furbizia o il calcolo miope non ce la faremo. Sel, la
mia comunità, non chiude una storia, non vuole dissiparla ma vuole
fare un investimento. Per questo è importante che questa mia
comunità abbia la certezza che di arrivarci tutta intera. Significa
la certezza per tutti che non stiamo imboccando un vicolo cieco.