martedì 25 febbraio 2014

giovedì 13 febbraio 2014

GIRAVOLTE

L'Italia è il sesto paese più industrializzato del mondo e contemporaneamente quello con la più grande esplosione delle diseguaglianze e della povertà.
Siamo un paese in cortocircuito permanente.
La democrazia reggerà ancora?
Quanto resta della credibilità delle istituzioni?
I cittadini italiani si meritano questa sorte?
Ci hanno propinato il governo tecnico come totem salvifico, abbiamo visto i risultati: tanti sacrifici, nessuna equità.
Abbiamo votato per il cambiamento, ci hanno confezionato prima il governo delle larghe intese e poi quello delle piccole.
Oggi è finito anche questo. Sarà ricordato per il governo dei soli annunci.
Letta si dimette sfiduciato dal suo partito.
Renzi, il probabile nuovo Presidente invoca il cambiamento "da condividere con la attuale coalizione di governo" nella continuità della maggioranza del governo appena sfiduciato.
Domanda: il fallimento di Letta è dovuto all'incapacità sue e dei suoi ministri, all'antagonismo competitivo interno al suo partito, o all'anomalia della coalizione politica eterogenea e dagli interessi e riferimenti sociali contrapposti?
Il PD "rileva la necessità e l'urgenza di aprire una fase nuova", ma come si potrà fare questo se si sta con gli stessi che hanno condotto il Paese in questo stato?
In questo quadro dove è finita la novità delle primarie del PD -votare per cambiare- se si riduce a un cambio di chi occuperà la poltrono di palazzo Chigi.
In questo scenario, con una crisi extraparlamentare del governo provocata dallo stesso partito del Presidente, si allarga l'area del disincanto e della lontananza da una politica incoerente e incomprensibile da parte dei cittadini.
Il cambiamento, quello vero, lo vogliamo in tanti.
Si riconduca nelle sedi istituzionali questa crisi e si discuta limpidamente del cambiamento necessario con una matrice dei valori della sinistra e che rompa qualunque compromissione con gli ambienti di destra, berlusconiani o diversamente berlusconiani.

venerdì 7 febbraio 2014

SEL DA NAPOLITANO

Nichi Vendola, leader di Sel, accompagnato dai capigruppo di Camera e Senato, Gennaro Migliore e Loredana De Petris, hanno chiesto e ottenuto un incontro con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per manifestargli la loro preoccupazione per «la costituzionalità della riforma elettorale» in discussione alla Camera.
«La nostra non è una battaglia di sopravvivenza o di bottega – ha precisato Vendola riferendo ai giornalisti dell’incontro al Colle - ma sentiamo l’urgenza di rappresentare al custode della Costituzione i dubbi sulla costituzionalità del testo che ha un abnorme premio di maggioranza e una abnorme soglia di sbarramento, un ibrido mostruoso che rischia di replicare i difetti del porcellum».
Sulla riforma elettorale «il legislatore – ha concluso il leader di Sel – non può andare a piacimento dove vuole, c’è una sentenza della Corte Costituzionale che dice che è costituzionale un sistema che garantisce l’equilibrio tra governabilità e rappresentanza».
Migliore ha spiegato poi che Sel è «contraria alle liste bloccate, per noi il sistema giusto è il Mattarellum, inoltre abbiamo il fondato sospetto che abbiano sbagliato il calcolo per l’attribuzione dei seggi e che presenteranno un emendamento del relatore che farebbe decadere i nostri. A Napolitano abbiamo parlato anche del conflitto di interessi che dovrebbe essere regolato nella legge elettorale vietando la candidatura ai concessionari pubblici. Infine abbiamo ricevuto un grande ascolto dal Presidente sul tema dei costi della politica, noi chiediamo che vi sia un effettivo controllo delle spese dei candidati»
Migliore ha anche fatto sapere di aver ritirato l’emendamento cosiddetto ‘salva-Sel’ per abbassare le soglie di sbarramento perchè non vuole accreditare l’idea di una battaglia per il proprio interesse. «Questa legge non è vero che favorisce il bipolarismo, come dice Renzi, favorisce i partiti com M5S che restano fuori dalle coalizioni», per Sel infatti il problema non è solo la soglia del 5% per i piccoli che stanno dentro le coalizioni ma anche tutte le altre, «non si capisce perchè ci siano soglie differenti per chi sta dentro e per chi vuole restare fuori dalle coalizioni, e poi una soglia di sbarramento dell’8% esiste solo in Turchia».