martedì 31 marzo 2015

IL BALLO DEI NUMERI


In questi giorni più parti hanno dato i loro numeri.

Il ministro Poletti: nei primi 2 mesi dell'anno + 79.000 contratti indeterminati, si prevede per il 2015 un milione di nuovi contratti (vi ricorda qualcuno?).
Il Corriere della sera sommessamente fa notare che forse le imprese hanno rinviato le assunzioni previste per il fine 2014 al 2015 per usufruire degli sgravi fiscali.
Rimangono ignoti quanti sono i contratti dismessi (dicasi licenziamenti) nello stesso periodo.

Eurostat ha pubblicato la tabella sul costo del lavoro dei paesi UE e dell'Eurozona (paesi con l'Euro).
Prendendo come riferimento i paesi dell'Eurozona, in Italia un'ora di lavoro costa mediamente a un'impresa 28,3 euro, meno della media dell'Eurozona (29 euro).
Inoltre in Italia il 28,2% del costo del lavoro non è stipendio dei dipendenti, ma contributi versati agli enti o allo Stato. Nei 19 paesi dell'Eurozona i costi non salariali sono del 26,1%.
Questi dati confermano che la competitività delle imprese italiane nel mercato europeo non dipende dal costo del lavoro, più basso della media, ne dalla flessibilità delle prestazioni, la più estesa in Europa, oramai degenerata in precarietà permanente con la deregolamentazione dei contratti e dei diritti dei lavoratori.
Eppure governo e organizzazioni padronali continuano ad insistere nel ridurre salari reali e ridurre le regole collettive nel rapporto di lavoro.

Dall'ISTAT arriva la doccia ghiacciata: a febbraio gli occupati diminuiscono dello 0,2% (-44 mila) su gennaio, i disoccupati aumentano su base mensile dello 0,7% (+23 mila), a febbraio tasso di disoccupazione è al 12,7%.
Tra i giovani, a febbraio 2015 gli occupati segnalano un calo rispetto a gennaio, a fronte di un aumento della disoccupazione e dell’inattività.
Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, è pari al 42,6%, in crescita di 1,3 punti percentuali rispetto al mese precedente.
Il tasso di inattività dei giovani tra 15 e 24 anni cresce di 0,4 punti percentuali, arrivando al 74,6%.
I dati Istat arrivano nel giorno in cui cala la disoccupazione in Germania. A marzo il tasso di disoccupazione è sceso al 6,4% rispetto al 6,5%.

Ognuno può trarre le proprie valutazioni, ma se la situazione è questa, ogni trionfalismo sul Jobs act ci pare fuori luogo, se teniamo conto che dal primo gennaio sono in vigore anche gli sgravi contributivi per i nuovi assunti.

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