sabato 23 novembre 2013

UNA STABILITA' INSOSTENIBILE

"Se io fossi il presidente del consiglio e voi i ministri, il nostro sarebbe un governo caotico".
Questa è stata l'affermazione Roberto Romano, relatore all'incontro sulla manovra economica del governo, dopo aver ascoltato le domande espresse dai partecipanti a seguito della sua introduzione.
Questo apparente paradosso da il segno del successo dell'iniziativa promossa da Sinistra per Bussero e da SEL. Volevamo che fosse presentato un punto di vista sulla legge di stabilità e sulle possibili alternative, rifuggendo dalle facili recriminazioni di parte. Ascoltata la relazione e il dibattito del numeroso e partecipante pubblico, pensiamo di essere riusciti nell'intento: alla chiusura della serata ognuno di noi non ha tratto facili e superficiali certezze ma bensì ha acquisito informazioni ed elementi di analisi che stimolano ulteriori riflessioni e domande.
La relazione di Roberto Romano, economista collaboratore di ministri economici e docente universitario, ha dato numerosi spunti di riflessione, ne segnaliamo alcuni.
"La legge di stabilità approvata dal governo è inutile perché non sceglie né la distribuzione del reddito, né lo sviluppo, né il governo della spesa pubblica. Non solo. Con le misure restrittive sul pubblico impiego, le cessione di beni immobili e mobili dello stato, rinuncia al compito di guidare i processi di trasformazione dell’economia reale. "
"Da molti anni il Pil dell’Italia cresce meno di quello medio europeo, ormai stabilmente del meno 1%. L’effetto cumulato è di 16 punti percentuali tra il 2003 e il 2013, con una brusca riduzione a partire dal 2007 di 8 punti percentuali. Per dare un ordine di grandezza della crisi nella crisi dell’Italia, possiamo dire che il nostro paese ha perso per strada qualcosa come 240 miliardi di euro di minore crescita rispetto all’Europa."
"Gli effetti sull’occupazione, sul tessuto produttivo, sulla dinamica della spesa in consumi, financo nella distribuzione del reddito, è quello di aver fatto retrocedere il tenore di vita degli italiani ai livelli del 1992."
"I conti pubblici hanno sofferto della contrazione del Pil, anche perché costretti ad assorbire una parte del debito privato legato alle operazioni spericolate delle banche. Tutta la crescita del debito pubblico europeo di questi ultimi 5 anni è debito privato cattivo acquisito dagli Stati e fatto pagare a tutti."
"Nonostante la crescita del debito pubblico sia direttamente proporzionale alla ri-assicurazione del debito privato, la Commissione europea ha imposto delle misure di contenimento della spesa, quindi una riduzione della domanda aggregata, tale da aggravare la situazione economica e sociale dei paesi sottoposti a questi tagli delle spese e ulteriori forme di flessibilità del mercato. L’effetto è stato quello di comprimere la base imponibile, cioè il Pil, quindi di ridurre le entrate fiscali indipendentemente dall’aumento della pressione fiscale."
"Per la prima volta dalla nascita della repubblica italiana, la spesa pubblica è diminuita in valore. Quindi dobbiamo aspettarci meno servizi, meno stato sociale, meno spesa in conto capitale, meno dipendenti pubblici, con l’effetto di ridurre la domanda aggregata."
"Il provvedimento rivendicato dal governo come misura strategica, è quello legato alla riduzione del cuneo fiscale: per intenderci:  7 euro e 30 centesimi al mese per un lavoratore che guadagna 11.000 euro all’anno. Una beffa? Rimane l’errore economico di assegnare alla riduzione del cuneo fiscale le prospettive del rilancio economico.
Le misure per lo sviluppo sono poi da trovare, almeno che non si creda che la “riduzione” del costo del lavoro, il “risparmio” di imposta delle imprese pari a 5,6 mld di euro possano produrre un salto nei consumi delle famiglie e nella capacità di investimento delle imprese."
"La Spending Review si farà carico della programmazione del taglio al termine del suo lavoro. Ma sulla spending review occorre uscire dai luoghi comuni. Un conto è armonizzare la spesa pubblica via costi standard, un altro conto è aggredire la formazione della spesa pubblica. Oggi nel bilancio dello stato, ma non solo in quello dello stato, ci sono delle poste di spesa che hanno poco a che fare con i costi standard. La Spending Review ha senso nella misura in cui aggredisce la formazione della spesa.Una operazione complicata, ma eviterebbe di aggredire la spesa pubblica che sostiene lo stato sociale in senso generale e, probabilmente, migliorerebbe la spesa pubblica in senso generale."
Per ulteriori approfondimenti leggete qui.

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