martedì 16 settembre 2014

PRIORITÀ AL LAVORO O DALLA RECESSIONE NON SI ESCE

Ci risiamo. Puntualmente ogni volta che vengono diramate le previsioni sullo stato dell'economia non ci sono buone notizie per l'Italia.
Le ultime arrivano dall'OCSE che prevedono per l'Europa una crescita media per quest'anno dello 0,8% e del 1,1% nel 2015.
L'Italia, rileva l'OCSE, è il solo paese del G7 che cala nel Prodotto Interno Lordo con un -0,4% nell'anno in corso.
I mezzi di informazione rilevano sempre più insistentemente che da un lato il Presidente del Consiglio Renzi continua ad annunciare riforme, con un piglio decisionista che crea consenso alla sua persona ma non si vede ancora un consenso alla sua politica.
Sulla politica il mantra sono le “riforme strutturali”. Su questo la pressione non dà tregua.
Questa pressione viene dall'Europa “della linea del rigore neo-liberista e dell’inflessibilità dei vincoli,” saldamente in mano ai conservatori delle alleanze nordiche della Germania, che vanificano anche le presenze nella commissione europea dei partiti socialisti.
In Italia la spinta a quelle che vengono chiamate riforme, ma in realtà sono restaurazione di condizioni del passato, vanno nella solita unica direzione: “ La liquefazione di quel che resta del sistema di welfare e dissolvimento dei diritti del lavoro: la vera questione in ballo è solo questa”.
La richiesta dell’impegno sulle “riforme strutturali”, cioè quelle vere si traduce nell'intervento di una radicale riduzione della spesa pubblica, per debellare il debito e un’altrettanta radicale riforma del mercato del lavoro.I segnali che arrivano puntano a mettere in evidenza anche i limiti delle (contro)riforme fatte e ventilate sul mercato del lavoro. Tali riforme, si nota, hanno avuto come focus la flessibilità – in entrata e in uscita – ma hanno trascurato di affrontare la rigidità dei meccanismi di determinazione dei salari.
Dopo la precarizzazione del rapporto di lavoro, oggi si chiede la precarietà anche delle buste paga.
“Allora forse è meglio affermare che cambiare verso significa smettere di accettare senza condizioni i vincoli europei, vuol dire attuare una politica fiscale nel segno dell’equità, tagliando i veri sprechi, a cominciare dal re dello spreco: il progetto di acquisto degli F35. Semplificare si la burocrazia ma fare investimenti selettivi in settori trainanti su un modello di sviluppo compatibile con la natura”.

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