giovedì 8 ottobre 2009

NUCLEARE: IL RUOLO DELLE REGIONI

di Paola Cannata

In data 11 settembre 2009 una lettera congiunta di WWF, Legambiente e Greenpeace è stata inviata ai presidenti delle regioni, agli assessori all’ambiente e dell’energia delle regioni contenente considerazioni giuridiche che mettono in evidenza i profili di incostituzionalità dela legge 99/2009 riguardante la delega al Governo in materia nucleare (v.allegato) .

La forte preoccupazione è che l’iter previsto per la realizzazione delle centrali possa arrivare a scavalcare completamente il territorio compresi Regioni e Enti Locali, e a ridurre la possibilità di informazione dei cittadini fino a militarizzare gli impianti la cui localizzazione, è importante ricordare, è previsto sarà proposta da operatori privati. Preoccupazioni infondate? E’ vero che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare ma...


NUCLEARE: PATTO ITALIA-USA (Repubblica del 30 settembre 09)
C’è spazio per una cordata italo americana che costruisca le centrali nucleari nel nostro Paese. Il ministro per lo sviluppo economico Claudio Scajola e il segretario statunitense per l’energia, Steven Chu,, hanno firmato un accordo di cooperazione sul tema dell’energia (…) ma è l’intesa sul nucleare ad avere le ricadute più immediate. Chu chiarisce che General Electric e Westinghouse parteciperanno a gare d’appalto in Italia (…) “stiamo rispettando un programma stretto, ha detto Scajola, confermando che la prima pietra è attesa entro il 2013 ed il primo megawatt per il 2018-2019. Intanto, a metà febbraio, definiremo i criteri per la scelta dei siti”. Neppure il ricorso presentato da nove regioni alla Corte costituzionale fermerà la macchina del ministero (…) se il consenso non si troverà, dice Scajola, la legge permette allo stato di sorpassare ogni opposizione locale. Se la legge ci dà torto, prosegue Scajola, e’ possibile introdurre delle modifiche legislative che renderebbero difficili nuovi ricorsi.

Le regioni che hanno presentato ricorso :
Marche, Emilia Romagna, Lazio, Umbria, Toscana, Piemonte, Puglia, Basilicata, Liguria, Calabria, Due regioni hanno detto no ma senza ricorso : Sardegna e Molise.
Campania e Sicilia sembrano andare verso il ricorso mentre in Veneto, una mozione contro presentata dal centro sinistra ha ottenuto 19 voti a favore e solo 18 contrari perché gli 8 rappresentanti della Lega si sono astenuti. In Abruzzo l’ipotesi del nucleare potrebbe non trovare un largo gradimento, visti i fatti recenti.
Il Trentino e la Valle d’Aosta non sembrano avere i requisiti per una candidatura.
La Lombardia e il Friuli non hanno dato segnali d’opposizione e quindi per rispettare gli impegni assunti dal governo dovrebbero prendersi due centrali per uno.

Ricorda Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace, che con l’accordo di cinque regioni si può chiedere il referendum (e il referendum del 1987 con il quale gli italiani avevano già detto no al nucleare?) e anche dal punto di vista economico la scelta del nucleare traballa. Secondo gli ultimi dati ufficiali de dipartimento dell’energia degli Stati Uniti per i nuovi impianti da mettere in linea per il 2020 un chilowattora nucleare costerà 10,2 centesimi, contro i 9,9 dell’ eolico e gli 8,2 del gas. Ma queste cifre sono state calcolate ipotizzando che una centrale nucleare da mille megawatt costi 3,3 miliardi di dollari, mentre la Florida Light & Power è arrivata a chiedere 8,2 miliardi di dollari per costruire un impianto: tenendo conto delle indicazioni del mercato i costi del nucleare raddoppiano……

Le informazioni e le motivazioni del NO al nucleare sono tante e ben dettagliate. Chi lo desidera può vedere nei siti delle rispettive associazioni. No motivati per i costi, no motivati per i tempi di costruzione, no più che motivati per il problema dello smaltimento dei rifiuti che nessuno ha ancora risolto, vedi “le navi dei veleni” recentemente assurte all’onore delle cronache ma denunciate da anni da magistrati coraggiosi e dalle varie associazioni ambientaliste. No perché la rincorsa del nucleare impegnerebbe risorse che verrebbero sottratte alle energie rinnovabili.

Dal Rapporto “I costi nascosti del nucleare” di Legambiente, ottobre 2008, consultabile in internet: “L’enorme afflusso di risorse per la ricerca destinate al nucleare". Nella ricerca il nucleare gioca il ruolo dell’asso piglia tutto. Dalla metà degli anni ’70 ad oggi, secondo i dati forniti dalla IEA, i paesi industrializzati hanno garantito agli studi sulla fissione e sulla fusione il 48 per cento delle spese pubbliche destinate alla ricerca nel settore energia. Alle rinnovabili, nello stesso arco di tempo, è andato solo il 9 per cento. Proprio l’Italia rappresenta uno dei casi più eclatanti. In un paese che nel 1987 ha detto no alle centrali con un referendum popolare, il nucleare continua ad essere la fonte che nel 2006 ha assorbito più finanziamenti nel campo della ricerca sbarrando la strada alle rinnovabili e all’efficienza energetica. Il nucleare ha continuato a rappresentare non una ma la principale voce di spesa nel campo della ricerca italiana in campo energetico, riuscendo ad assorbire negli ultimi 15 anni il 53 per cento dei fondi, contro il 10 per cento per le rinnovabili.

Secondo lo IEA in Italia nel 2006 il 24,8% delle risorse per la ricerca è andato al nucleare a fronte del 13% per le rinnovabili. Il dato fa riflettere rispetto al clamoroso ritardo del nostro paese sul fronte delle energie pulite rispetto a paesi come la Germania o la Spagna. Ma soprattutto indica in modo lampante in quale misura il nucleare riesca a distogliere l’attenzione dai reali obiettivi che un paese come l’Italia dovrebbe perseguire.
Ci sono poi quei costi che finiscono per essere scaricati interamente sui contribuenti, ma a distanza di decenni. E’ il caso dello smantellamento delle centrali, un’operazione estremamente complessa che può impegnare decenni oltre che comportare spese considerevoli. In Gran Bretagna lo smantellamento degli impianti gestiti dalla ex società pubblica dovranno essere coperti dalla collettività, mentre la stima dei costi per la chiusura completa del ciclo nucleare è oramai lievitata a 104 miliardi di euro. In Italia è stata creata un’apposita azienda per procedere alla “rottamazione” delle centrali chiuse dopo il 1987: la Sogin. Per finanziarla i cittadini italiani pagano in media 150 milioni di euro l’anno, prelevati direttamente dalla bolletta elettrica sotto la voce A2. A questi dovrebbero aggiungersi dalle dichiarazioni del ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, sicuramente almeno gli sconti per i cittadini residenti nei Comuni che ospitano le centrali. Solo per iniziare, perché tra prelievi necessari alle diverse fasi di gestione del “sistema”, bollette, sussidi e prestiti agevolati le risorse che il nucleare andrebbe a drenare sarebbero spaventose.

(…) Immaginando uno scenario utopistico in cui effettivamente la realizzazione del piano atomico del nuovo governo non incontrasse ostacoli di sorta, sarebbe materialmente impossibile che qualcosa si concretizzasse prima del 2020. C’è la legge da modificare e i siti da individuare, c’è bisogno di realizzare i progetti, reperire gli investimenti, trovare una mano d’opera ultra specializzata e inesistente in Italia, avviare le procedure di controllo e verifica della sicurezza. C’è bisogno insomma di almeno 12 d’anni (la stima è stata fornita recentemente dallo stesso governo). Un arco di tempo in cui l’opzione nucleare finirebbe per assorbire le già scarse risorse destinate alle energie rinnovabili, all’efficienza energetica, al risparmio e alla promozione di sistemi di generazione distribuita. E quindi ha tanto più senso impegnarsi per impedire questa prospettiva e rendere possibile la sua alternativa, fermare i cambiamenti climatici e rendere l’Italia un Paese più moderno e pulito.

Consiglio anche di leggere il libro di Sergio Zabot e Carlo Monguzzi “Illusione Nucleare – i rischi e i falsi miti”, ediz. Melampo.

Ci sono grossi, grossissimi interessi in gioco. Meglio tenere gli occhi aperti.

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