domenica 11 dicembre 2011

IL GOVERNO MONTI


SACRIFICI TANTI, NESSUNA EQUITÀ

L'Italia è uno dei Paesi dell'Europa con il più alto debito pubblico rispetto al Prodotto Interno Lordo.
L'Italia è tra i Paesi europei con il più basso sviluppo negli ultimi 10 anni.
L'Italia è uno dei Paesi industrializzati con la maggiore disuguaglianza dei redditi, anche perchè il divario tra ricchi e poveri è andato ampliandosi negli ultimi decenni.
Il Governo Berlusconi ci ha lasciato questa eredità sempre negata.
La caduta del governo Berlusconi è avvenuta per una via "paraparlamentare", ma la sensazione è quella di un esito non improvvisato, ma spinto da più parti istituzionali ed economiche.
Il Governo di Mario Monti é nato sostenuto dalla quasi tutte le forze politiche. Una maggioranza parlamentare apparentemente ampia, di cui è importante sottolineare il carattere apparente date le contrapposizioni interne.
Per dichiarazione e discorso programmatico il governo Monti non è un governo a termine ma "ciò che si prefigge di fare è impostare il lavoro, mettere a punto gli strumenti che permettano ai governi che ci succederanno di proseguire un processo di cambiamento duraturo". Si candida cioè a introdurre provvedimenti con un preciso paradigma economico di impianto neoliberista che limiteranno fortemente l'autonomia è lo spazio di azione dei prossimi governi.
Non siamo iscritti d'ufficio al club degli oppositori a prescindere, attendiamo con rispetto e senza giudizi preventivamente negativi, ma nel discorso sulla fiducia non troviamo quella discontinuità necessaria nel merito rispetto al passato, vogliamo vedere come si concretizza la politica di sacrifici, rigore, equità sostenuti dalla retorica della "salvezza nazionale".
Una politica dei sacrifici di cui valuteremo la tanto indicata equità e che si inserisce in un corpo sociale non reduce da un ventennio di crescita delle retribuzioni ed innalzamento dei diritti ma anzi già segnato da un gigantesco trasferimento di risorse dai redditi da lavoro, dalle pensioni, verso la rendita e il profitto.


Il Governo Monti ha presentato la manovra, esprimiamo una profonda contrarietà a quanto emerso nei singoli provvedimenti. Si tratta di una manovra che colpisce sempre i soliti cittadini, già ampiamente penalizzati dalla crisi, mentre esenta le grandi ricchezze e, addirittura, favorisce i maggiori responsabili della crisi stessa. Siamo nettamente contrari alla stangata sulla prima casa, sia per la reintroduzione indiscriminata dell’Ici che per la rivalutazione delle rendite catastali. Intanto, non si introduce neppure una blanda tassazione sui patrimoni. Al contrario si aumenta l’IVA!
La cosiddetta riforma delle pensioni in realtà taglia da subito gli adeguamenti alla crescita del costo della vita, allunga ingiustamente l’età per tutti, non distinguendo tra i differenti tipi di lavoro. Non introduce nessuna misura che garantisca la pensione a chi oggi è giovane, spesso precario o disoccupato. Con una situazione in cui lavoratori ultracinquantenni stanno perdendo il lavoro e che dovranno aspettare troppi anni per raggiungere la pensione, con i tagli ulteriori alla spesa sociale si sta pianificando l'accorciamento dell'aspettativa di vita.
Tra le tante misure che non ci convincono ce n’è una che giudichiamo potenzialmente devastante. Si tratta della garanzia dello Stato per le passività bancarie, le banche possono essere garantite, mentre i cittadini devono tirare la cinghia.
Tutto ciò che aveva promesso Monti sul versante dei sacrificic’è, sull'equitàdavvero nulla.
Non c’è nulla su crescita, a parte l’ennesimo regalo alle imprese con la deduzione dell’Irap, nulla sul bonus per l’incentivo alle energie rinnovabili, nulla per rilanciare la competitività attraverso gli investimenti in innovazione e sviluppo, nulla si è fatto sull’asta delle frequenze, nulla sulla patrimoniale sulle ricchezze.
Sarebbe stato meglio un governo di scopo destinato a varare una robusta patrimoniale, ridurre le spese militari e introdurre una maggiore tassazione delle rendite e delle transazioni finanziarie, che in tempi brevi accompagnasse il Paese a nuove elezioni. La probabilità del realizzarsi di questi provvedimenti e della condizione elettorale è però fortemente dubbia. Sta a noi oggi la grande responsabilità di mantenere vivo il fuoco dell'alternativa e di una via diversa di uscita dalla crisi.

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