martedì 27 febbraio 2018

L'UGUAGLIANZA NEI DIRITTI

L'UGUAGLIANZA NEI DIRITTI.
L’uguaglianza non ammette distinzioni, perché non parliamo di una concessione della politica, ma del riconoscimento di diritti da rendere esigibili. Abbiamo la necessità di riformare nel suo complesso il diritto di famiglia, che deve essere declinato al plurale, parlando di “famiglie” e includendo anche quelle di fatto e ogni altra forma di legame familiare. L’istituto dell’adozione ordinaria va riformato per rispondere a criteri più accessibili e semplificati, nell’esclusivo interesse del minore.
È necessaria un’azione determinata e continua di contrasto alla violenza nei confronti delle donne. Un contrasto che passa anche da un piano straordinario per l’occupazione femminile che renda le donne libere di scegliere e fiduciose nel proprio futuro. Per fare questo abbiamo bisogno di una maggiore presenza femminile nella politica, nel mondo economico, nelle professioni.
Sulle politiche di accoglienza è aperta una faglia in tutta Europa. Dobbiamo rigettare accordi con Paesi in cui non siano garantiti i diritti umani, promuovere reali occasioni di sviluppo nei Paesi di provenienza e non permettere che si continui a depredarli.
Dobbiamo gestire le migrazioni con razionalità, abolendo la Bossi-Fini, introducendo un permesso di ricerca lavoro e meccanismi di ingresso regolari, promuovendo la nascita di un unico sistema di asilo europeo che superi il criterio del paese di primo accesso e che comprenda canali umanitari e missioni di salvataggio.
Va costruito un sistema di accoglienza rigoroso, diffuso e integrato, sulla base del modello Sprar, adeguatamente dimensionato, superando la gestione straordinaria che troppi scandali e distorsioni ha generato in questi anni, stroncando ogni forma di speculazione e invece generando nuove opportunità di inclusione e sviluppo.
Con la stessa forza va affermato che riconoscere la cittadinanza italiana a chi nasce in Italia da genitori stranieri, o è arrivato in Italia da piccolo e ha completato almeno un ciclo di studi, non è un atto di solidarietà, ma un riconoscimento doveroso che si deve a chi nei fatti è già italiano.

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