martedì 3 maggio 2011

LAVORARE IL PRIMO MAGGIO

Ricordati di santificare la festa.
di Marco Vergani

Dopo questo 1° maggio di discussioni spese sull’opportunità di lavorare nei giorni festivi, non ho potuto fare a meno di pensare all’attualità del comandamento: “Ricordati di santificare la festa”.
Troppo spesso pensiamo ai dieci comandamenti come ad amenità del passato da relegare nell’ambito della sfera privata o in quella della religione, sperando che il tempo li copra di polvere abbandonandoli all’oblio.
Al contrario quelle parole, scolpite in tavole di pietra, tornano spesso di attualità e ci spingono a più di una riflessione. Non voglio qui affrontare una disputa teologica, perché non ne avrei né gli strumenti, né questo mi sembra l’ambito adatto.
Mi preme solo ricordare, a me stesso e a quanti avranno la pazienza di leggermi, che non di solo pane vive l’uomo.
Santificare la festa è un modo per ricordare che i beni materiali non sono tutto e che l’uomo non è solo carne, ma anche spirito, desideri, aspirazioni, speranze e tanto altro che diventa difficile esporne la complessità.
La mancanza di beni o, per usare un’espressione diversa ma dall’analogo significato, di lavoro incide inevitabilmente sullo sviluppo e sulla dignità della persona. Se non si ha di che campare non si è liberi e si devono accettare compromessi, anche quelli più umilianti. Ne sono piene le cronache di ogni giorno.
Non penso tuttavia che il lavoro domenicale, sempre più diffuso, sia lo strumento indispensabile per risolvere i problemi della crisi economica mondiale o quelli creati della globalizzazione.
Di certo il lavoro festivo crea difficoltà ai lavoratori che devono accettarlo. Si tratta di lavoratori che finiscono con il sacrificare gli affetti, i legami famigliari, le possibilità di crescita personale alla necessità di assicurasi il posto di lavoro.
Del resto la proposta di lavorare di domenica non vale per tutte le categorie e si ha sempre l’impressione che si cerchi di far pagare ad alcuni la comodità di altri, che si cerchi di accrescere il livello degli utili a scapito della umanità delle persone.
Penso che l’organizzazione del lavoro non possa rimanere immutata. Nel corso della storia il lavoro si è sviluppato in forme diverse e anche la sua struttura è mutata. Sono comunque convinto che un diverso modello di organizzazione del lavoro non debba necessariamente passare attraverso la precarizzazione e l’appiattimento del tempo.
Ogni lavoro ha le sue caratteristiche, ogni uomo è diverso e unico. Anche il tempo di cui disponiamo non è tutto uguale. Ci sono le stagioni, ci sono le ore del giorno e quelle della notte. Non tutto è grigio indistinto, intercambiabile. Non tutto è monetizzabile.
C’è il tempo per il lavoro, c’è tempo per la famiglia, c’è tempo per la festa!

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